Le statue parlanti di Roma

Sei statue sparse per la città di Roma, una serie di messaggi contenenti per lo più critiche e componimenti satirici contro i governanti, anonimi scrittori.

Detta così sembra la trama di un thriller. In realtà oggi vi viglio portare in giro per Roma alla scoperta delle sue statue parlanti.

Ecco, se la prima frase che ho scritto sembrava la trama di un thriller quest'ultima frase sembra più il vaneggiamento di un folle.

Ma tranquilli, non ho perso il senno e sono pronta a farvi fare un insolito tour in giro per Roma.

Innanzi tutto contestualizziamo questo strano fenomeno.

La nascita delle statue parlanti coincide con la Roma dei Papi del Cinquecento. 

Il  Papa Re era oggetto di aspre critiche da parte dei cittadini romani.  All’epoca la libertà di pensiero non esisteva, ma la voce del popolo romano era più forte di qualsiasi autorità.

Sì, ma come fare per criticare e ridicolizzare l'operato dei Papi senza subirne le conseguenze?

Dare voce alle antiche statue romane disseminate per la città.

Su questi singolari monumenti venivano apposti, di notte e in forma del tutto anonima, dei cartelli satirici. Spesso le invettive venivano scritte sotto forma di poesie o di dialoghi non privi di ottimismo.

Al mattino seguente, la popolazione poteva apprendere il contenuto della protesta.

C'è da dire, però, che erano invettive contro il potere, ma non con fini rivoluzionari. L'invettiva è ironica, sarcastica, spudoratamente aperta alla risata maliarda, fino ad apparire oscena nella smitizzazione del potere ma rientra nel gioco del potere. 

Il gioco consiste nel denunciare immoralità e soprusi di chi è ai vertici. 

Le pasquinate sono opera di una miriade di poeti e poetastri, memorialisti e avventurieri della penna che perlopiù scrivono su commissione. Uno dei più famosi Pasquino della storia della letteratura è Pietro l'Aretino che nel 1517 prima e nel 1523, poi, lascia le sue feroci invettive.

Le 6 Statue Parlanti sono tutte dislocate nel centro storico di Roma. Esse sono note anche come Congrega o Circolo degli Arguti, simbolo della romanità più verace ed irreverente che non china la testa davanti ai soprusi e alle ingiustizie.

Pronti per cominciare questo tour? 

Bene, questo è l'itinerario


La fontana del Babuino




Facciamo un passo in dietro nel tempo fino al 1571 quando papa Pio V concesse l'utilizzo di alcune once d'acqua del nuovo acquedotto Vergine, appena ripristinato, al palazzo del nobile Alessandro Grandi, su quella che all'epoca si chiamava via Paolina.
E Alessandro Grandi fece realizzare, in onore del Pontefice, una fontana ad uso pubblico, ponendo la statua ad ornamento della vasca quadrangolare, addossata alla facciata del palazzo. 

La statua della fontana era talmente singolare che influenzò fortemente la fantasia e l'interesse dei romani: un sileno sdraiato così brutto da essere ribattezzato dai romani babuino.

Uno dei primi effetti fu di determinare il cambiamento dello stesso toponimo della strada, che da via Paolina mutò appunto in via del Babuino. 

Inoltre, venne presto annoverata tra le “statue parlanti” di Roma, e come le altre cinque è stata la “voce” di diverse pasquinate, le violente e spesso irriverenti satire indirizzate a colpire anche pesantemente e sempre in modo anonimo i personaggi pubblici più in vista nella Roma a partire dal XIV secolo. Più che pasquinate le sue erano definite babuinate, ma il contenuto era lo stesso.


Fontana del Facchino


Mentre la statua del Babuino è molto famosa, è in una delle vie che collegano piazza del Popolo a Piazza di Spagna, da qui in poi è stata una vera e propria caccia al tesoro!
Rintracciare, infatti, la fontana del Facchino non è stato altrettanto semplice,

La piccola fontana è ora addossata al muro del Palazzo de Carolis, sulla via Lata, ma fino al 1872 trovava la sua collocazione in via del Corso.

La fontana rappresenta un “acquaiolo”. Nel Cinquecento i portatori d’acqua, i facchini,  di notte riempivano botti e botticelle con l’acqua attinta dal Tevere o dall’antica Fontana di Trevi per distribuirla durante il giorno ai romani in cambio di un modesto compenso: un mestiere molto diffuso in città prima che si cominciassero a riparare gli antichi acquedotti.

Attribuita per un breve periodo addirittura a Michelangelo, la fontana fu forse commissionata dall’Università degli Acquaroli e scolpita da maestranze fiorentine su disegno del pittore Jacopino del Conte. 

L’identità del facchino fu al centro di varie e stravaganti leggende: secondo alcuni avrebbe raffigurato Martin Lutero, che nel 1511 soggiornò nel vicino monastero degli agostiniani. Proprio questa somiglianza costò alla statua la deturpazione del viso. Già, proprio così, la statua appare oggi così rovinata non per fattori climatici e per il trascorrere degli anni, ma perchè fu, all'epoca, vandalizzata.

Madama Lucrezia


Continuiamo la nostra passeggiata e arriviamo a conoscere l'unica statua femminile della congrega degli Argurti: Madama Lucrezia.
Ci troviamo all'angolo tra Palazzo Venezia e la Basilica di San Marco.

Madama Lucrezia ci aspetta, maestosa, in un angolo della piazza. Maestosa è proprio la parola giusta per descriverla perchè è un busto di epoca romana alto circa 3 metri e posato su un basamento.

Il nome con cui il grande busto divenne noto deriva da Lucrezia d’Alagno, la favorita del Re di Napoli Alfonso V d’Aragona. Alla morte di Alfonso, invisa al nuovo successore al trono, Lucrezia abbandonò la corte aragonese e si trasferì a Roma dove visse i suoi ultimi anni tra le agiatezze e la fama nei pressi del luogo dove ora si trova la statua. 

Rimangono alla storia due sue invettive. La prima risalente al 1951 quando il Papa Gregorio XIV, ormai in fin di vita, si fece trasferire a Palazzo Venezia.
La morte entrò attraverso i cancelli

La seconda, durante la Repubblica Romana del 1799, quando il popolo romano in rivolta precipitò a terra il suo busto, apparve sulle spalle la scritta 

Non ne posso veder più

 Marforio

Marforio - Palazzo Nuovo - Musei Capitolini - Rome 2016 (2)

Ho pensato a lungo se aggiungere la statua di Marforio a questo mio itinerario perchè è l'unica che non è su strada e per poterla vedere bisogna andare ai Musei Capitolini, ma è anche una delle più famose statue della Congrega.
Quindi alla fine ho deciso di parlarvene ugualmente.

Dicevo, Marforio si trova nel cortile di Palazzo Nuovo per volere di Sisto V che la fece collocare lì dopo la costruzione del Palazzo Nuovo costruito a completamento della piazza.

E' una statua di dimensioni monumentali risalente al I secolo e raffigurante, probabilmente, il Dio Nettuno.
Marforio spesso dialoga con Pasquino tanto da esserne considerato la sua spalla. Un dialogo fatto di invettive e di pensieri arguti 

Celebre la pasquinata diretta contro Napoleone Bonaparte, al quale non fu perdonato di aver trasferito in Francia parecchie opere d'arte trafugate a Roma durante le campagne di guerra. 

Marforio:
"Pasquino, è vero che li francesi sò tutti ladri?"
 Pasquino 
"Tutti no, ma BonaParte!".

Abate Luigi 


Fui dell'antica Roma un cittadino ora Abate Luigi ognun mi chiama. 
Conquistai con Marforio e con Pasquino nelle satire urbane eterna fama. 
Ebbi offese, disgrazie e sepoltura ma qui vita novella e alfin sicura.

Siamo quasi giunti alla fine del nostro giro. Quella dell'Abate Luigi è la penultima statua di epoca tardo-romana, raffigurante probabilmente un alto magistrato.  In mancanza di una precisa identificazione, prende probabilmente il nome dalla somiglianza con un arguto sagrestano della vicina chiesa del Santissimo Sudario.

Sulla sicurezza della vita novella l'epigrafe non sembra aver avuto ragione, poiché l'Abate Luigi ha diversi atti di vandalismo, orientati soprattutto all'asportazione della testa, che è stata più volte sostituita.

È in occasione di una “decapitazione” del 1966 che la statua parlò l'ultima volta, con una pasquinata indirizzata all'ignoto vandalo (ma non solo a lui):

O tu che m'arubbasti la capoccia
vedi d'ariportalla immantinente
sinnò, vòi véde? come fusse gnente
me manneno ar Governo. E ciò me scoccia.

Pasquino


Siamo arrivati, devo dire piuttosto stanchi, alla statua più importante della Congrega: Pasquino.

La statua è un frammento di un'opera in stile ellenistico, risalente probabilmente al III secolo a.C., danneggiata nel volto e mutilata degli arti, rappresentante forse un guerriero greco oppure un gruppo di due guerrieri, l'uno che sorregge l'altro. 
Fu ritrovata nel 1501 durante gli scavi per la pavimentazione stradale e la ristrutturazione del Palazzo Orsini (oggi Palazzo Braschi).

Diversi furono i tentativi di eliminarla e il primo fu il forestiero Adriano VI (ultimo papa "straniero" prima di Giovanni Paolo II), durante il suo breve e controverso pontificato (1522-1523), che tentò di disfarsene, ordinando di gettarla nel Tevere. Fu distolto quasi in extremis dai cardinali della Curia, che intravidero il pericolo e la possibile portata di un simile "attacco" alla congenita inclinazione alla satira del popolo romano. Anche Sisto V (1585-1590) e Clemente VIII (1592-1605) tentarono invano di eliminare la scomoda statua.

Quando altri, successivamente, la fecero vigilare notte e giorno da guardie, le pasquinate apparvero infatti ancora più numerose ai piedi di altre statue.

Verso dopo verso, Pasquino era l'unico antagonista della figura papale e come tale era la spina nel fianco dei vescovi di Roma.

La sua "produzione" si estinse con la fine del potere temporale, con la breccia di Porta Pia, che metteva il popolo romano di fronte a nuovi tipi di sovrano, a nuovi tipi di stato. 

Si è detto che Pasquino sia stato "distratto" dalla contemporanea messa in circolazione dei sonetti del Belli, che col suo spirito mostravano più di qualche apparentamento e che nel medesimo senso proseguivano la sua opera.

In ogni caso la statua, priva del suo antico bersaglio, smise di essere teatro di un evento periodico e da allora fogli appesi se ne videro solo saltuariamente, avendo di mira tipicamente il nuovo governo unitario della città eterna. 

Nel 1938, in occasione dei preparativi per la visita di Hitler a Roma, Pasquino riemerse dal lunghissimo silenzio per notare la vuota pomposità degli allestimenti edilizi e scenografici, che avevano messo la città sottosopra per mesi:

«Povera Roma mia de travertino
te sei vestita tutta de cartone
pe' fatte rimira' da 'n imbianchino
venuto da padrone!»

 


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