Villa Torlonia: la Casina delle Civette

 


La Casina delle Civette è uno degli edifici più caratteristici all'interno del parco di Villa Torlonia.

Certamente non monumentale come il Casino Nobile ma sicuramente più affascinante, col suo profilo quasi fiabesco. 

La sua storia

Edificato alla metà dell'800, come la maggior parte degli edifici della villa, inizialmente era una costruzione rustica, somigliante ad uno chalet di montagna e per questo denominata Capanna Svizzera.

La trasformazione nell'attuale aspetto risale ai primi vent'anni del XX secolo, quando si operò una modifica dell'edificio originario che assunse caratteristiche più medievali e ne venne aggiunto un altro di fronte (collegato da un ponticello e da un passaggio sotterraneo) dall'aspetto più articolato e più liberty. 
Vi abitò fino al 1938 Giovanni Torlonia jr, uomo schivo e solitario.


Le vetrate

Se all'esterno sono le forme e le decorazioni a maiolica ad attrarre l'attenzione, all'interno è il regno delle vetrate artistiche, tanto che la Casina oggi ospita il museo della Vetrata Liberty. 


Il nome di Casina delle Civette pare derivi da una delle prime vetrate artistiche dell'edificio, che ritrae tra l'altro due civette.


 Anche se il mobilio non esiste più, è divertente cercare nei pavimenti, negli stucchi e nelle coloratissime finestre, motivi soprattutto naturalistici e ma anche mitologici.


Le vetrate vengono tutte installate tra il 1908 e il 1930 e costituiscono un "unicum" nel panorama artistico internazionale, prodotte tutte dal laboratorio di Cesare Picchiarini su disegni di Duilio Cambellotti, Umberto Bottazzi, Vittorio Grassi e Paolo Paschetto.


La distruzione dell'edificio iniziò nel 1944, con l'occupazione delle truppe anglo-americane, durata oltre tre anni.
Quando nel 1978 il Comune di Roma acquisì la Villa, sia gli edifici sia il parco erano in condizioni disastrose.


L'incendio del 1991 ha aggravato le condizioni di degrado della Casina, unitamente a furti e vandalismi.


L'immagine odierna della Casina delle Civette è il risultato di un lungo, paziente e meticoloso lavoro di restauro, eseguito dal 1992 al 1997, che, con quanto ancora conservato e sulla base delle numerose fonti documentarie, ha permesso la restituzione alla città di uno dei più singolari e interessanti manufatti dei primi anni del secolo scorso.




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