Itinerario a Parigi: Il Museo del Louvre
Ogni volta che varco la sua piramide di vetro, il cuore batte come fosse la prima. Il museo più visitato al mondo non si esaurisce mai, anzi: ogni angolo custodisce un universo da scoprire.
Questa volta avevo una sfida: condensare l’infinito in tre ore. Selezionare, scegliere, rinunciare. Camminare tra sale che sembrano cattedrali, lasciando che lo sguardo si posi solo su ciò che davvero mi chiamava.
Per rendere la visita più scorrevole abbiamo deciso di ragionare per piani e non per ali — un piccolo trucco che si è rivelato prezioso. Il Louvre è immenso, e inseguire le opere “imperdibili” saltando da una sezione all’altra può far perdere tempo (e anche un po’ di magia).
Siamo quindi partiti dalla scalinata monumentale al termine della quale troneggia la Nike di Samotracia, una delle immagini più potenti del museo: la dea che avanza, sospinta dal vento, sembra ancora pronta a spiccare il volo.
Da lì, seguendo il percorso naturale del piano, ci siamo diretti verso la Grande Galleria, dove la luce scorre sulle tele come in una navata rinascimentale.
Lì ci si può davvero perdere tra sguardi e colori, fino a raggiungere la sala più celebre: quella della Gioconda.
Dopo l’incontro con la Gioconda, abbiamo proseguito seguendo un filo logico di prossimità, lasciandoci guidare non tanto dalle mappe quanto dal flusso naturale delle sale. È così che siamo arrivati alle grandi sculture dell’antichità, dove il tempo sembra sospeso.
Davanti alla Venere di Milo, la folla si dirada per un istante: è in quel silenzio che si percepisce tutta la forza della bellezza classica, capace di parlare anche attraverso ciò che manca.
Abbiamo, poi, raggiunto il Codice di Hammurabi, testimonianza di un’umanità che, già migliaia di anni fa, cercava ordine, giustizia e significato. Osservarlo da vicino fa quasi impressione: le incisioni nella pietra sembrano ancora vibrare di voce.
Un altro punto fermo del nostro percorso è stato Jacques-Louis David, con i suoi eroi solenni e i gesti teatrali che raccontano la nascita della modernità. Le sue tele, immense e perfette, riempiono lo sguardo e lo spirito.
Il percorso ci ha condotti, piano piano, verso una delle sezioni più affascinanti del museo: quella dedicata alle civiltà egizia e mesopotamica.
Arrivare al cospetto di statue e sarcofagi è come attraversare un’altra dimensione del tempo. Gli sguardi di pietra, i rilievi, gli amuleti: tutto parla di un’umanità lontana eppure familiare.
Non potevamo concludere la visita senza una tappa nelle stanze di Napoleone III, dove il Louvre mostra il suo volto regale. Sale sontuose, velluti rossi, lampadari dorati, tavole imbandite: un salto improvviso nella vita di corte, tra fasto e potere.
Quando ormai la visita volgeva al termine, un piccolo fuori programma ci ha trattenuti ancora un po’: Amore e Psiche di Canova.
Non era previsto, ma forse certe opere non si cercano — si lasciano trovare. Nella delicatezza del gesto, nella leggerezza del marmo che sembra respirare, ho ritrovato tutto ciò che il Louvre rappresenta per me: l’incontro tra la bellezza e il tempo, tra la materia e l’emozione.
Tre ore soltanto, eppure dense di meraviglia. Il Louvre resta un universo impossibile da esaurire, ma forse la sua vera grandezza sta proprio in questo: nel costringerci a scegliere, a rallentare, a guardare davvero.
Ogni visita è diversa, ogni percorso una storia a sé. E ogni volta, uscendo dalla piramide, il cuore batte ancora — come fosse la prima.









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