Marisa Mazzini, Fino al sole fino alla luna
Ci sono libri che mi scelgono prima ancora che io li scelga. Arrivano in un momento preciso, si fanno spazio con discrezione, e poi restano. Fino al sole, fino alla luna di Marisa Mazzini è uno di questi.
L’ho letto portandomelo addosso per giorni, come si porta un ricordo che non è tuo ma che senti vicino. Non è solo un romanzo: è una voce che si racconta, una bambina che prova a capire il mondo mentre il mondo, attorno a lei, frana in silenzio.
La protagonista è una bambina, Erika, che racconta la sua infanzia vissuta all’ombra di una violenza familiare che non dovrebbe mai esistere: quella del compagno della madre. Attraverso i suoi occhi impariamo a guardare il mondo con stupore, confusione, e un’intelligenza silenziosa che ci spiazza. Erika ascolta, osserva, cerca di capire. E quel che più colpisce è che, pur non avendo le parole per spiegare tutto ciò che accade, riesce comunque a restituirci la verità nella sua forma più nuda e commovente.
Al centro del romanzo c’è una tensione profondissima tra il bisogno di capire e la difficoltà di nominare ciò che fa male. Perché porre domande, quando si è piccoli, è già una forma di resistenza. Ma è anche pericoloso. Eppure Erika ci mostra come, anche nel buio più fitto, si possa cercare una forma di perdono. Un perdono che non cancella, ma che permette di continuare a vivere.
Perdonare non è dimenticare. È guardare il dolore in faccia e smettere di lasciargli il potere di definire chi siamo.
Leggere questo libro è stato per me un viaggio emotivo forte: ho provato tristezza, per un’infanzia violata, e rabbia, per l’indifferenza degli adulti. Ma ho sentito anche una tenerezza enorme per questa bambina che – con la grazia della fragilità – riesce a raccontare il non detto, a volte anche solo con uno sguardo, una pausa, un silenzio.
Il dolore non è mai spettacolarizzato. È lì, costante, eppure raccontato con pudore, rispetto, umanità.
Marisa Mazzini ha una scrittura asciutta, limpida, che rispetta i tempi interiori del ricordo. Ogni frase sembra misurata, come se l’autrice stesse scegliendo con attenzione non solo le parole, ma anche il peso che ognuna porta. Il risultato è una narrazione che commuove senza cercare la commozione. Una lingua che non cerca effetti, ma verità.
Fino al sole, fino alla luna è un libro che consiglio con convinzione. A chi lavora con bambini e adolescenti, a chi ha vissuto o conosciuto storie di violenza familiare, ma anche a chi crede nella scrittura come strumento di salvezza.
Non è una lettura facile. Ma è una lettura vera, onesta, trasformativa.
Un libro che ci insegna che anche i bambini hanno diritto alla memoria. E che raccontarsi, a volte, è il primo passo per salvarsi.
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