Dove riposa la luce d'inverno


C’è una mattina d’inverno in cui la luce sembra esitare prima di entrare in casa. Rimane qualche istante oltre il vetro, trattenuta da un velo di ghiaccio sottile, quasi avesse bisogno di tempo per convincersi. Io la guardo arrivare pianissimo, come accade sempre al ritorno da un viaggio: un chiarore nuovo che prova a trovare il suo posto tra le abitudini di sempre.

È così ogni volta.

Torno da una città ,questa volta Parigi con le sue luci che resistono anche al cielo più grigio  e mi ritrovo in quello spazio sospeso che divide un viaggio dal successivo. Un tempo quieto, in cui le valigie sono già riposte ma i ricordi non si sono ancora decisi a sedimentare. È un passaggio lento, come l’inverno che inghiotte le giornate un po’ alla volta.

In questo intervallo, le parole diventano la mia bussola.

Ripenso alle strade percorse, agli scorci annotati sul taccuino, alle voci incontrate per caso. I dettagli si accendono e si spengono come luci lungo un viale notturno, e io cerco di non perderli, come se da ognuno potesse nascere qualcosa. Una frase, un pensiero, un nuovo racconto.

Forse è questo che l’inverno sa fare meglio: custodire.

Custodisce ciò che abbiamo vissuto e apre spazio a ciò che verrà. E mentre preparo i prossimi itinerari mi accorgo che il viaggio comincia sempre molto prima della partenza. Comincia nelle parole che si affacciano, nelle immagini che tornano a bussare, nelle idee che cercano di farsi strada nel silenzio.

A volte basta una frase incontrata per caso, una riga che si accende come un fiammifero.

Parigi l’ha lasciata in un caffè quasi vuoto, l’inverno la trattiene qui, e chissà che non ritrovi la sua eco nel prossimo viaggio (lo so che siete curiosi di sapere dove andrò, ma tempo al tempo). 

I viaggi non sono isole separate: sono fili che si legano, e le parole li intrecciano con una luce tutta loro.

Così continuo a cercarla lì, la luce nelle storie che ho già vissuto e in quelle che sto per incontrare, nei giorni brevi che preparano quelli più lunghi, nel tempo immobile che esiste tra un viaggio e l’altro. 

È un chiarore timido, come il sole d’inverno, ma abbastanza forte da ricordarmi che ogni nuova partenza comincia sempre dalla stessa cosa: un pensiero che si illumina.

E' la fiamma di una candela che illumina le parole nei giorni più bui dell'inverno

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