Marie Anne, la storia di un destino comune


Roma, raid al centro antiviolenza di Tor Bella Monaca. «E' un'intimidazione»
(Il Messaggero, 20 giugno 2017)
Tor Bella Monaca, atti vandalici al centro antiviolenza "Marie Anne Erize". Catallo: "Non ci fermiamo"
La presidente del centro: "Non ci facciamo spaventare da questi vili attacchi andiamo avanti per la nostra strada"
(RomaToday, 21 giugno 2017)

Quasi sette milioni, secondo i dati Istat, sono le donne che, nel corso della loro vita, hanno subito una forma di abuso.
Sono 3 milioni e 466 mila in Italia, secondo l'Istat, le donne che nell'arco della propria vita hanno subito stalking, ovvero atti persecutori da parte di qualcuno, il 16% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Di queste, 2 milioni e 151 mila sono le vittime di comportamenti persecutori dell'ex partner. Ma il 78% delle donne che ha subito stalking, quasi 8 su 10, non si è rivolta ad alcuna istituzione e non ha cercato aiuto.

La fonte di questi dati è l’Istat e di certo non bisogna stare allegri. I numeri, in questi casi, non sono mai certi. Sono molte, troppe, le vittime di abusi, che non trovano la forza e il coraggio di parlare, di denunciare.
Per aiutare e supportare le vittime di abusi sono nati i centri antiviolenza. Marie Anne Erize è uno di questi e rischia di chiudere.

Qui non mi è mai capitato di parlare di cronaca prima d’ora, anzi, probabilmente non ne sono neanche capace. Racconto però storie di vita e questo mi riesce abbastanza.
Oggi vi racconto quindi una storia. La storia di un regista e di un cortometraggio, che è nato a supporto del centro antiviolenza Marie Anne Erize e che dà eco alle vittime di abusi.
Registi di questo cortometraggio sono Daniele Caon e Ivan Mattei.
Conosco Ivan da tantissimi anni. Mi ha da sempre affascinato il suo angolo di visuale, la prospettiva con la quale vede e racconta la realtà che lo circonda.
Così, quando ho cominciato a leggere nei suoi post su Facebook delle problematiche del centro antiviolenza e dell’inizio delle riprese del cortometraggio, ho cercato di capire meglio cosa stesse succedendo e, alla prima occasione utile, mi sono fatta raccontare il suo progetto.

Chi è Marie Anne?
Marie Anne è un simbolo. Rappresenta tutte le donne vittime di violenza. È ispirato a una donna realmente esistita, Marie Anne Erize, desaparecida, per la quale soltanto recentemente si è saputo quali violenze e torture ha dovuto subire.

Perché hai scelto un cortometraggio?
Il cortometraggio era il formato migliore per costruire una storia, che fosse come un pugno nello stomaco dello spettatore, in grado di svegliarlo e di tirarlo fuori dall'onda di una informazione, che sembra più pensare al mostro che alla vittima.

Tutto è nato da ... quale è stata la spinta, che ti ha portato a iniziare questo progetto?
Il corto è tratto da una serie di racconti, che ho scritto, ispirandomi alle attività del centro antiviolenza Marie Anne Erize di Tor Bella Monaca. Servivano per un happening letterario a sostegno della battaglia del centro antiviolenza, letteralmente sotto attacco dall'attuale giunta municipale, che cerca in tutti i modi di togliergli i locali concessigli dalla precedente giunta per meriti.

Quale è la situazione attuale del Centro Antiviolenza di Tor Bella Monaca?
Siamo in una situazione di stallo, in attesa di una prossima probabile mossa della giunta municipale, i cui attacchi assolutamente infondati sono stati respinti attraverso prove documentali.

Tu sei uno scrittore e un regista. Quale è lo strumento con il quale senti di poter comunicare meglio i tuoi pensieri e le tue emozioni?
Dipende dalla storia che voglio raccontare.
Proprio per sfruttare al meglio le peculiarità dei vari media, spesso adatto i vari racconti che scrivo. Un paio di esempi veloci: il primo racconto che ho adattato, Senza parole, è diventato il cortometraggio Assenza, in cui a sparire non erano libri e lettere, ma le immagini. Nell'adattare in forma di sceneggiatura cinematografica il mio ultimo romanzo, Crisi, ho inserito un personaggio che nel libro non c'era.

Hai dei modelli, come regista, a cui ti ispiri? Perché?
Come regista mi ispiro a quei registi istintivi, che hanno comunque effettuato in precedenza uno studio approfondito sul lavoro da portare in pellicola.
Sembra un ossimoro, ma non lo è.
Cerco di spiegarmi meglio con un esempio pratico. Pasolini nei suoi primi film era digiuno di nozioni tecniche, e si affidava a valenti e preparatissimi collaboratori (per il suo primo film, Accattone, aveva alla fotografia Tonino Delli Colli e al montaggio Nino Baragli, soltanto per citarne due). Lui spiegava cosa aveva in mente e il lavoro degli altri era mettere in pratica questa visione.
Un altro regista, che adoro e a cui mi ispiro, è Truffaut che, al contrario di Pasolini, era preparato tecnicamente, ma con una grande spinta emotiva.
Quale film e quale libro consiglieresti per approfondire la tematica della violenza sulle donne?
Più che libri o film consiglierei di entrare in contatto con un centro antiviolenza. Cercare di fare qualcosa per sostenerli e per capire il lavoro che fanno.
Poi si può leggere un libro come Se questi sono gli uomini di Iacona.

Tornando al corto da te diretto, quale è stata la parte più difficile da dirigere?
Io e Daniele Caon, il coregista del corto, abbiamo avuto la fortuna di lavorare con due attori, Cosetta Turco ed Emanuele Cellini, professionali e disponibili.
Per scherzo ogni tanto dico a Cosetta, che riguardando le fotografie scattate sul set mi accorgo di come ascoltasse le mie indicazioni come se fosse un regista navigato a dargliele.
La parte più difficile è stato il montaggio, con le tante versioni sottoposte al giudizio di una serie di amici, che mi consigliavano come aggiustare il tiro.

Come verrà distribuito il cortometraggio?
Il cortometraggio è distribuito in anteprima su Amazon Prime Video in paesi stranieri (USA, UK, Germania e Giappone). Dopo la proiezione per la stampa, prevista entro fine ottobre, il corto sarà visibile gratuitamente online su Youtube
Quale è la prossima storia che vorresti raccontare?
Il sogno è il lungometraggio tratto da Crisi. Ma credo rimarrà un sogno per un po' di tempo.
Nel frattempo abbiamo in progetto di proseguire a parlare di quella che io definisco "violenza di generi" con altri due racconti e il rischio di uno spettacolo teatrale (anche per questo siamo dalle parti del sogno, però).

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