Ultima fermata: Musée d’Orsay
Entrare al Musée d’Orsay è come varcare le porte di una stazione del tempo.
La grande volta in ferro e vetro, l’orologio che domina la navata, la luce che filtra dall’alto: tutto racconta il passato di questo luogo nato come stazione ferroviaria alla fine dell’Ottocento. Oggi i treni non partono più, ma al loro posto scorrono altri viaggi — quelli della pittura, della luce e dello sguardo.
Trasformata in museo negli anni Ottanta, la vecchia Gare d’Orsay è diventata la casa ideale per l’arte dell’Ottocento: troppo “moderna” per il Louvre, non abbastanza contemporanea per il Centre Pompidou. Qui, tra binari immaginari e pareti color ocra, si può seguire il percorso degli Impressionisti e dei loro eredi: da Monet a Renoir, da Degas a Van Gogh, da Gauguin a Cézanne. È un luogo che celebra una rivoluzione silenziosa, quella di chi ha portato la luce sulla tela e ha cambiato per sempre il modo di guardare il mondo.
Eppure, la mia visita al Musée d’Orsay mi ha lasciato un’impressione contrastante. La folla era ovunque, le sale difficili da attraversare, la disposizione delle opere non sempre immediata. Avrei voluto trovare un angolo di quiete per lasciarmi catturare dai colori, ma spesso era impossibile.
Nonostante tutto, davanti ai cieli di Monet, ai ritratti vibranti di Renoir e ai paesaggi visionari di Van Gogh, il tempo si è fermato per qualche istante. L’incanto dell’arte, quando arriva, non ha bisogno di silenzio.
Con il Musée d’Orsay si chiude così il racconto del mio viaggio a Parigi: un itinerario fatto di meraviglie e piccole imperfezioni, di attese mantenute e di sorprese inattese. Una città che continua a offrire nuove sfumature a ogni visita, e che non smette mai di stupire, anche quando pensiamo di conoscerla già.
Prima di salutare Parigi, ho raccolto in una gallery le tappe di questo percorso: sette articoli che raccontano la città attraverso i suoi musei, le sue strade, i suoi scorci e le sue atmosfere. Un piccolo diario di viaggio visivo per rivivere, insieme, questa esperienza.
E così, con un ultimo sguardo attraverso l’orologio del Musée d’Orsay, sospeso sopra la Senna e rivolto verso Montmartre, lascio Parigi alle sue luci. Come ogni stazione, anche questa non è una fine, ma solo una partenza verso nuove direzioni.






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